Nel ricevere l’invito a tenere una conversazione a questa solenne seduta di laurea, ho pensato ovviamente a cosa avrei potuto dirvi. L’ambiente universitario crea sempre sentimenti contrastanti: fonte di piacere perché si è consapevoli di trovarsi nel cuore del sapere; fonte di preoccupazione per timore di inadeguatezza.
Ho quindi pensato a me stessa alla vostra età. Al momento della laurea. Dopo la fatica e la stanchezza dello studio e della tesi. Quando improvvisamente crolla l’adrenalina che ci ha condotto, con la tensione finale, a raggiungere il risultato della laurea.
Non parlo del problema del futuro lavorativo. Cosa fare, anche dopo la laurea specialistica, quali sono le possibilità di ingresso nel mondo del lavoro. Queste sono domande che risolverete secondo le vostre conoscenze, confrontandovi con i vostri professori, i vostri amici, i vostri familiari, acquisendo informazioni. Probabilmente vi confronterete con questi problemi tra due anni, dopo gli studi della specialistica e dopol’iscrizione all’albo.
Faccio riferimento a qualcosa di diverso. A qualcosa di più importante degli sbocchi lavorativi.
Ho pensato piuttosto: dopo la laurea, indipendentemente dagli sbocchi lavorativi, cosa avrei voluto che qualcuno mi dicesse? Per darmi il tempo di riflettere, per dare un senso a quel tempo successivo alla laurea nella quale si è alla ricerca di un futuro di cui si ignorano i contorni? Cosa avrei voluto sapere, anziché scoprirlo solo dopo e con molta fatica? Con il rammarico di non aver affrontato fin dall’inizio il mondo sapendo come avrei dovuto comportarmi, cosa avrei dovuto fare; che cosa avrei dovuto pretendere da mestessa e che sarebbe stato importante in qualunque attività professionale io fossi stata in grado intraprendere? C’è qualcosa che io ho capito solo dopo e che può ora essereutile a questi ragazzi?
Ho isolato alcuni punti e ve li propongo così come li ho elaborati.
Non pensiate che il sapere sia composto di tanti settori indipendenti gli uni dagli altri.
L’economia, la matematica, la letteratura, il diritto, la fisica, la chimica, la geologia sono sempre tra loro connesse. Voi laureati in economia siete un chiaro esempio di questa connessione. La vostra Università già si propone come realtà di studio di vasto respiro, ponendosi come obiettivo di analizzare i fenomeni economici e l’organizzazione della moderna società politica, economica e civile. Ma al di là degli obiettivi di formazione le connessioni sono concrete e continue.Prendiamo ad esempio la connessione con il diritto. Quando ho studiato all’Università (Giurisprudenza alla Sapienza di Roma) per quanto potessero affascinarmi le materie economiche era possibile, per gli iscritti in giurisprudenza, affrontare solo due esami di economia, economia politica e scienza delle finanze. Li ho fatti e mi hanno appassionato all’epoca ma, al di là della conoscenza degli argomenti che mi venivano richiesti per l’esame, non avevo compreso bene le connessioni con il diritto. L’ho capito effettivamente solo dopo. Se affronto un processo di bancarotta fraudolenta mi manterrò solo alla superficie se non sarò in grado di leggere un bilancio. Se studierò un processo di truffa dovrò sapere quali sono gli artifici economici e contabili attraverso i quali è possibile dissimulare ciò che veramente si sta compiendo. Se devo procedere per il reato di usura devo conoscere i concetti di TAEG (tasso annuo effettivo globale, tasso virtuale che rappresenta il costo totale di un prestito) il TAN ( tasso annuo nominale; tasso di interesse puro applicato a un prestito), dovrò sapere cosa sono le rilevazioni trimestrali del Ministero del Tesoro e della Banca d’Italia pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.
Se poi provo a rivolgermi alla materia del diritto civile il coinvolgimento delle conoscenze in materia economica si fa ancora più profondo: aspetti economici dei contratti, comprensione e valutazione delle attività aziendali, stima dei beni in materia fallimentare e delle esecuzioni, tutte questioni per le quali rimpiango sempre di non aver studiato economia. In realtà ho compreso anche qualcosa di più: non potrò neppure affrontare una causa di separazione o divorzio se non avrò capito qual è l’evoluzione del mondo del lavoro e le modificazioni della struttura sociale dipendenti anche dai processi economici.
La vostra posizione, dall’altra parte del tavolo, è quindi chiaramente connessa a quella dei giuristi. Perché se sarete incaricati di occuparvi del prestito di una banca o di un privato per decidere se il tasso è usurario dovrete analizzare gli articoli del codice penale che lo definiscono; se sarete nominati quali consulenti in un procedimento per bancarotta fraudolenta dovrete sapere quali sono le condotte distrattive o di occultamento del patrimonio imprenditoriale che qualificano la bancarotta secondo il codice penale; se sarete nominati consulenti in un procedimento (dal giudice o da privati non cambia) dove si contesta una truffa dovrete sapere cosa possa essere qualificato artifizio e raggiro che compone gli elementi essenziali del reato di truffa; se vi occuperete di imprese e di società dovrete conoscere i principi di diritto civile sul bilancio.
Sia che proseguiate negli studi sia che intraprendiate la professione non mettete alla porta gli altri saperi: ne avrete estremo bisogno.
Il secondo punto, connesso con il primo, è:
Il nostro, il vostro lavoro è fatto di collaborazione tra figure professionali diverse. Non solo perché io nelle vesti di giudice che tratta un fallimento dovrò nominare un dottore in economia per svolgere le funzioni di curatore che analizzi l’impresa, ne ricostruisca l’operatività, individui le ragioni del fallimento, verifichi l’esistenza di attività da liquidare, accerti i crediti da riconoscere e possa predisporre, ove possibile, un piano di riparto tra i creditori (per indicare solo alcune delle attività principali). Ma anche perché, date le mie conoscenze nella materia che non potranno paragonarsi a quelle di un laureato in economia, avrò sempre bisogno della collaborazione dell’esperto di economia per leggere cose che io non sono in grado di leggere, per avere spiegazioni che io non sono in grado di darmi, per comprendere priorità che io non sono in grado di attribuire.
Ma questo non basta. Dovrà esserci reciproca fiducia tra le figure professionali che collaborano. Io dovrò potermi fidare del consulente che nominerò. Avrò quindi necessità di qualcuno che, al di là delle domande che gli porrò (i quesiti secondo il termine tecnico che noi utilizziamo) sia consapevole delle finalità del mio procedimento e si inserisca in modo coerente in ciò che gli chiedo.
Allo stesso modo farete voi. Non pensate che il percorso di studi completato vi consentirà, nel futuro, di affermare: “non devo occuparmi di questo perché c’è il giurista che ci penserà, c’è l’informatico che si applicherà, c’è il matematico che darà una formula”. Tutti questi saperi dovranno essere tra loro in relazione e dovrete cercare di penetrare in essi se vorrete fare bene il vostro lavoro. Anzi, dovrete cercare di penetrarli, se vorrete ottenere una collaborazione proficua. Se vorrete riconoscere qualcuno di cui fidarvi.
Non accontentatevi di una lettura superficiale della realtà.
Voi, laureati in economia e ancor più quelli di voi che completeranno il ciclo con la laurea specialistica siete chiamati continuamente in gioco. In questi giorni si parla dei dati sulla produzione industriale. Sono da poco stati resi pubblici i dati del mese di dicembre 2018 (diminuita del 3,5 rispetto al mese precedente e del 7,3% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente). Si parla di prodotto interno lordo (PIL), di recessione ovvero di stagnazione (a proposito della crescita o della mancata crescita del Paese), si parla di avanzo primario, di analisi costi benefici (a proposito della Torino Lione). Sono solo alcuni dei termini di cui si discute in questi giorni e che corrispondono a concetti continuamente evocati in momenti fondamentali per lo sviluppo di un Paese. Sono concetti economici. Approfonditeli con la scientificità che vi consentono i vostri studi. Non unitevi al coro di coloro che parlanotanto conoscendo poco ciò di cui discutono. Non preoccupatevi di fornire opinioni di pronto consumo ma che verranno gettate via subito dopo perché rimpiazzate dall’opinione di qualcun altro. Magari privo di competenze. Analizzate. Approfittate del vostro sapere per comprendere meglio. Pretendete da voi stessi un approccio rigoroso. Ci sono argomenti, tra quelli di cui si dibatte più frequentemente che vi consentono di formarvi un’opinione qualificata. Cogliete l’occasione.
Provate a spiegare le vostre idee a coloro che non hanno gli strumenti da voi acquisiti.
Discutete e condividete le vostre idee e i vostri commenti con i colleghi e i collaboratori. Non abbiate paura dei dubbi, delle perplessità, delle ipotesi. Condividetele con i vostri colleghi e collaboratori. Il futuro è fatto di ipotesi. Solo dal confronto competente possono nascere soluzioni.
Non crediate che, finito il corso di studi anche con la laurea specialistica, il vostro sapere sarà completo. E’ solo l’inizio.
Credevo, sbagliando, al momento della laurea, che lo studio fosse un mondo di certezze raggiunte; che studiare fosse imparare a dare la risposta giusta a ogni domanda; che intraprendendo la mia professione avrei imparato ad adottare le scelte giuste secondo la legge ad ogni questione che mi fosse stata sottoposta sulla base del sapere che avevo acquisito o che avrei approfondito preparando il concorso. Per quanto duro possa essere il concorso e, con riferimento a voi laureati in economia, per quanto possa essereduro e difficile l’esame di iscrizione all’albo a seguito della laurea specialistica, non è mai un punto d’arrivo. E’ solo un punto di partenza. Non lo comprenderete subito ma ben presto, se avrete ben lavorato, ve ne accorgerete.
La formazione è continua. Non solo per le novità legislative che continuamente intervengono. Non solo perché, nel lavoro, magari vi troverete ad affrontare un diverso campo del vostro sapere che non avete precedentemente esplorato, ma soprattutto perché il mondo e il sapere sono molto più vasti di quanto noi possiamo essere in grado di comprendere. L’approfondimento chiama ulteriore approfondimento; il mondo è in continua trasformazione. Continuare la formazione è essenziale per comprenderlo.
Non smettete di leggere di studiare di approfondire: solo così manterrete la capacità di affrontare le problematiche che vi vengono sottoposte; solo così saprete affrontare i mutamenti nella struttura del lavoro; solo così saprete “dove sta andando il mondo”.
Fate sport e divertitevi.
Siete giovani. Non lasciate trascorrere questi anni solo preoccupandovi dello studio e di trovare sbocchi lavorativi. Andiamo incontro a un aumento costante dell’aspettativa di vita e a un invecchiamento della popolazione nel nostro Paese. E’ certo che nel 2050 ci saranno 20 milioni di over 65 (poco più di un terzo del totale della popolazione mentre ora sono circa un quarto). Non sappiamo se il Paese sarà fornito di adeguate strutture assistenziali e sanitarie per affrontare questo invecchiamento. E’ estremamente improbabile che si tornerà a strutture familiari che saranno in grado di assorbire al loro interno la cura degli anziani, anzi, si sta manifestando il contrario; è però certo che se avremo avuto cura del nostro corpo sarà più facile affrontare l’invecchiamento.
Fate sport ora; abituate il corpo all’esercizio fisico: vi divertirete e ve ne avvantaggerete per il futuro.
Seguite le vostre passioni.
Lo studio e il lavoro non devono essere totalizzanti e paralizzare i vostri orizzonti. La vostra, la nostra mente ha necessità di rigenerarsi in altre cose. Siete giovani avete ancora molto tempo, perdetene un po’ in altre attività che vi appassionano. Finora vi ho parlato solo di studio e di aggiornamento professionale ma è vitale anche “perdere tempo”, guardando il mondo intorno a noi: fare un’esperienza all’estero, viaggiare, conoscere altre culture altri luoghi ed imparare a comprendere e a rapportarsi con essi. Dedicarsi ad altre passioni, cinema, fotografia, musica, teatro. Sfruttate questo tempo ancora libero da impegni totalizzanti per imparare.
Da ragazza frequentavo i gruppi scout e, all’epoca, uno dei principali impegni era quello della solidarietà ai meno fortunati, illavoro sul territorio, il lavoro sociale. Ogni anno il mio gruppo sceglieva un impegno e tutto il gruppo lo perseguiva almeno una volta ogni settimana: dopo scuola agli abitanti delle baracche; assistenza ai bambini ricoverati nel Reparto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico di Roma; assistenza in un asilo pubblico frequentato da bambini con difficoltà neurologiche. Vi domanderete: cosa c’entra tutto ciò con il lavoro di un giudice? Effettivamente niente ma credo che quell’impegno mi ha insegnato non solo ad ascoltare le persone, a comprendere le grandi diversità che ci sono tra gli esseri umani, a riflettere non cercando soluzioni affrettate e immediate ma anche a non tirarmi mai indietro di fronte alle cose difficili, a non nascondermi le difficoltà, ad ammettere di non saper affrontare qualche cosa e chiedere aiuto.
Anche quando avrete letto molti libri ed avrete fatto molta esperienza non crediate di essere più saggi degli altri.
In tutti i momenti nei quali mi sono sentita più sicura e quasi sprezzante verso gli altri credendo nella correttezza delle mie ipotesi è subito emerso qualcosa che non avevo considerato: la tesi di qualcuno che ritenevo meno preparato di me e che si affermava invece come la tesi giusta. Non siate mai arroganti ma umili e, allo stesso tempo, decisi nel difendere le vostre tesi. Il confronto con gli altri vi farà crescere.
L’umiltà nell’approccio è essenziale. Ne potrete avere solo vantaggi: se la vostra tesi non sarà accolta avrete avuto l’occasione di esprimervi e farete tesoro di quanto accaduto per fare meglio la volta successiva; se sarà accolta la vostra tesi sarete tanto più apprezzati quanto più dialetticamente vi sarete espressi. Non abbiate paura di essere contraddetti, non abbiate paura di essere corretti.
Oscar Wilde nel “De Profundis” (la lunghissima lettera che lui scrive in carcere che è un’invocazione e al tempo stesso una profondissima autocritica) scrive “Chi ignora completamente i modi dell’arte nella sua rivoluzione o gli umori del pensiero nel suo farsi, lo sfarzo del verso latino, o la più ricca musica del greco pieno di vocali, la scultura toscana o il canto elisabettiano, può essere ugualmente intriso della più soave saggezza…La superficialità è il difetto supremo”.
Buona fortuna a tutti
Mariella Roberti
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